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La Tortura nel Medioevo

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Nei secoli bui del Medioevo, al fine di estorcere una confessione, i presunti colpevoli venivano sottoposti a terribili supplizi; i condannati erano costretti a subire mutilazioni, squartamenti e annegamenti e dopo una lunga agonia e fra atroci dolori andavano incontro alla morte. Ecco le più terribili torture:

LA RUOTA
Il supplizio della ruota era comune in tutta Europa, dal Medio Evo fino al Settecento. Donne, e: uomini nudi con le ossa delle gambe e delle braccia spezzate in più punti vengono letteralmente intrecciati ai raggi di una grande ruota da carro issata orizzontalmente su un alto palo, e in quella posizione restano esposti al freddo, alle intemperie e ai corvi (che strappano brandelli di carne e cavano gli occhi) per giorni e giorni, prima di morire. In Germania le ossa venivano spezzate brandendo la stessa ruota; in Italia, Spagna e Francia si usavano mazze di ferro.

Annodamento
Questo supplizio era applicato per lo più alle donne, accusate di stregoneria, e agli zingari. I lunghi capelli venivano avvolti intorno ad un palo che veniva ruotato velocemente da uomini robusti: il dolore era atroce e nella maggior parte dei casi veniva estirpato l’intero scalpo lasciando il cranio scoperto.

LA VEGLIA O CULLA DI GIUDA
Atroce strumento di tortura che consiste in una piramide di legno o ferro su cui l’interrogato o la interrogata sono costretti a poggiare con tutto il peso del corpo, in modo che la cuspide tagliente e penetrante entri sempre di più nell'ano o nella vagina, con effetti locali devastanti: i francesi chiamano l'attrezzo "veglia" perché impedisce nel, modo più assoluto il sonno ed è molto doloroso. Per aumentare il peso del malcapitato può essere gravato da pesi legati ai piedi.

IL TORO DI FALAREDE
Grande statua cava di bronzo rappresentante un toro, con una apertura manovrabile solo dall'esterno. I suppliziati o i torturati venivano fatti entrare nudi all'intero e, chiuso lo sportello, sotto il toro veniva acceso un grande fuoco finché l'intera statua fosse arroventata. Le urla strazianti dei malcapitati gravemente ustionati erano tali che rimbombavano nella cavità e uscivano dalle narici del toro come muggito, aumentando così il divertimento sadico degli aguzzini, del pubblico e del crudele dittatore Falaride: In uso in Sicilia e in Grecia nell'epoca pre-romana, forse anche in molti paesi d'Oriente, poi riesumato nel 500.
                                                                                                                                                         

LA SEDIA DI TORTURA
Presente in ogni sala da tortura, è una robusta sedia in legno nel cui interno, poggioli e pedana sono irti di punte di ferro che penetrano nelle carni dell'interrogata, Oggi, assicura lo Held, i chiodi possono trasmettere scosse elettriche. Speciali sedie di ferro permettevano l’arroventamento dei chiodi con la semplice accensione di un braciere posto sotto la sedia di tortura.
LA CINTURA SPINATA
È costituita da una cintura di larghe maglie di ferro con circa 220 punte rivolte verso l'interno. Indossata e stretta alla vita, produce molteplici ferite e una infiammazione irreversibile che può portare ala cancrena: In alcuni casi particolarmente efferati l'aguzzino, in questo caso, depositava sulla zona incancrenita dei bachi carnivori che erodevano sempre più la parte fino ad arrivare all'intestino.
LE MASCHERE D'INFAMIA
Di solito erano imposte alle donne troppo ciarliere o che avevano criticato preti ed autorità. Si tratta di maschere di ferro di foma curiosa ed elaborata che talvolta, come nella briglia o mordacchia contengono una lama o un aculeo che blocca  o ferisce la lingua impedendo di parlare. Così mascherata, la vittima era esposta al ludibrio dei passanti che, impietosamente, la ricoprivano di parolaccie, ma anche di sputi, sterco, urina e colpi di bastone, talvolta mortali.
LA TARTARUGA
Lo schiacciamento del corpo mediante una tavola su cui erano posati pesi sempre crescenti, fino ad un totale di molti quintali, non era raro tra i supplizi e le torture. Un supplizio con esito senza dubbio mortale era la variante detta bascula, consistente in un cuneo trasversale di legno posto al di sotto del corpo da schiacciare.
IL PIFFERO DEL BACCANARO
Strumento consistente in una sorta di oboe di ferro terminante con un anello (nel quale entrava il collo della vittima) e dotato di pinze per stringere le dita delle mani, come se il malcapitato suonasse: Era quindi una berlina, poco dolorosa rispetto ad altre torture, ma esponeva al pubblico ludibrio con conseguenze imprevedibili. Il Piffero" era comminato per reati minori, litigiosità, bestemmia, disturbo della quiete, ecc.

LA FORCELLA DELL'ERETICO
Si tratta di un semplice collarino di cuoio che regge un doppio puntale con punte aguzze che distanziano il mento dal petto e tendono sempre più a penetrare nella carne. Strumento di tortura inquisitoria riservato agli eretici, impediva qualsiasi movimento della testa ed anche il rilassamento. L'interrogato  però, poteva parlare, sia pure con un esile filo di voce, e pronunciare la fatidica parola: "abiuro”:
LA CICOGNA
Ingegnosa e complicata struttura di incatenamento in ferro che obbliga il torturato ad una scomoda posizione fetale : collo, mani giunte come in preghiera e caviglie sono tenuti saldi ed impediscono ogni movimento. Apparentemente innocua, in realtà questa tortura è atroce perché procura dolorosissimi crampi che possono portare alla pazzia . La vittima spesso una donna per di più alla mercè degli aguzzini e di passanti può essere facilmente scottata, mutilata a piacere.

LO STRAZIA-SENO
La tortura inquisitoria e giudiziaria contro le donne si avvaleva anche di un apposito "straziatolo” per le mammelle fatto di ferro, a forma di molla da braci e terminante con quattro zanne contrapposte a due a due. Sia freddo che rovente, lo straziatoio feriva e maciullava il seno delle donne accusate di eresia, adulterio, atti libidinosi, magia bianca "erotica" ecc. In molti paesi e regioni, tra cui alcune della Francia e della Germania fino al Settecento, questo trattamento era previsto anche per le ragazze madri, mentre ai loro piedi - riporta Held - i loro bambini "si contorcevano bagnati dal grondante sangue materno.

IL PENDOLO
Tortura semplice, in uso anche oggi presso gli inquisitori di vari paesi; consiste nel sospendere per i polsi il corpo del testimone o dell’indiziato ad un gancio o ad una carrucola ancorata al soffitto, per mezzo di una furie comandata da un argano inserito in un pesante e robusto telaio. Più efficace se i polsi sono legati dietro alla schiena e alla vita. Le conseguenze possono essere anche gravi: a parte il dolore, l’ omero può fuoriuscire dai legamenti dalla la scapola e la clavicola, spesso con orrende e spesso permanenti deformazioni del torace e della schiena. Effetti peggiori si hanno con l'aggiunta di pesi crescenti applicati ai piedi, fino a causare uno smembramento simile a quello provocato dal banco di stiramento.

GLI STIVALI SPAGNOLI
Ganasce di ferro con molte punte all'interno, strette attorno alle ginocchia e alle gambe. Percuotendo con un pesante maglio alcuni cunei frapposti tra gli arti e gli "stivali" 1'aguzzino spaccava le ossa e schiacciava in modo irrimediabile le ginocchia, tra le più atroci sofferenze.
L'AFFOGAMENTO
Con braccia e gambe legate, il condannato è gettato vivo nelle acque tumultuose dei fiumi, ma anche in laghi, stagni, perfino in tini e botti da vino. Talvolta la vittima inerme è rinchiusa in un sacco insieme a una dozzina di gatti, ed è facile immaginare la sua sorte: i gatti terrorizzati la graffiano, mordono, artigliano, sbranano e accecano, prima ancora che sia annegata.

L'IMPICCAGIONE CON I CANI
Sospesi per i piedi, con il corpo strettamente legato da corde, il torturato o il condannato si
vedeva sospendere accanto due cani rabbiosi o due lupi affamati, anche essi legati per zampe posteriori, che gli si avventavano subito contro, lo mordevano, lo sbranavano, rendendo la tortura ancora più crudele.
LA GARROTA
Strumento sadico tipicamente spagnolo è di due tipi, il primo tipo consiste in una manovella, collegata ad una grossa vite che tira indietro e spinge in modo inesorabile oil collare di cuoio di  ferro in precedenza stretto attorno al collo  del condannato. In una variante più semplice i collare viene stretto semplicemente attorcigliando su se stessa una grossa corda mediante un piolo di legno. Entrambi questi tipi sono stati in funzione fino alla morte del dittatore Franco. L'ultimo garrotato è stato lo studente Francisco Puíg, di 23 anni, giustiziato nel 1975 ma riconosciuto innocente nel 1979. Il secondo tipo di garrota  usato in in Catalogna fino a del secolo e tuttora in America Latina  ha una lunga vite che spinge il collo in avanti  contro il collare di ferro procurando asfissia, mentre da  dietro un aculeo posto al termine della vite penetra nelle vertebre cervicali e uccide per lesione del midollo spinale. Entrambi i tipi di garrota  sono usati sia per le torture confessionali che per i supplizi e le esecuzioni  capitali.
LO SCHIACCIATESTA
E un torchio di ferro in cui una manovella collegata ad una lunga vite fa abbassare, a piacimento del torturatore o del boia una calotta di metallo che schiaccia sempre di più, giro dopo giro, il cranio del testimone o del condannato. Dopo appena qualche giro, di solito il torturato è disposto a collaborare", Gli effetti della calotta, quando avanza nella sua corsa, sono devastanti: prima si spezzano le mandibole e gli alveoli dentari, poi si sbriciolarlo tutte le ossa del cranio ed il cervello letteralmente esplode con violenta fuoriuscita di materia grigia. E una morte raccapricciante.

Tortura del topo
Sul corpo della vittima si appoggiava un topo e lo sichiudeva con un bicchiere di vetro; l’animale, non trovando alcuna via d’uscita, cominciava a scavarsi una galleria nelle carni del malcapitato fino ad uscire.
Crocefissione
Forse la più celebre forma di esecuzione, il condannato a morte veniva inchiodato ai polsi e alle piante dei piedi e fissato su di una croce; molto utilizzato dai Romani, spesso i condannati venivani crocefissi a testa in giù.
Bollitura
Il condannato veniva messo in un contenitore e veniva fatto bollire lentamente fino alla morte. Lo stesso San Pomponio venne fatto bollire a Roma, per ordine del papa, in un miscela di olio e catrame.
Scorticamento
Al condannato, ancora vigile e cosciente, veniva tolta la pelle; questa forma di tortura viene praticata ancora oggi: pare infatti che nel 2000 truppe Birmane abbiano scorticato vivi tutti i maschi di un villaggio Karenni.
Forno
Questo supplizio è molto simile ai tristemente noti forni crematori nazisti; ma se questi utlimi usavano uccidere le vittime per poi bruciarle, anticamente i condannati erano gettati vivi in questi forni e costretti a subire atroci dolori prima di morire.
Impalamento
E’ una delle forme più antiche di tortura. Veniva attuata per mezzo di un palo aguzzo che veniva inserito nel retto della persone e lo si forzava al fine di farlo penetrare per tutto il corpo e farlo uscire dalla bocca o dal cranio. E’ sicuramente uno dei metodi più orribili di tortura.
Hanged, drawn and quartered
Forma di supplizio dedicata esclusivamente a coloro che si macchiavano di alto tradimento, è sicuramente la più orribile fra le varie torture mai utilizzate nel Medioevo. Era una pena capitale molto utilizzata nell’Inghilterra del ’600.
La tortura veniva eseguita secondo le seguenti modalità:
il condannato veniva condotto al luogo dell’esecuzione, in pubblica piazza;  veniva spogliato nudo e le mani venivano legate dietro la schiena;  veniva impiccato, ma non fino alla morte; castrato vivo, con il taglio del pene e dei testicoli; veniva poi eviscerato senza ledere gli organi vitali; il pene, i testicoli e le interiora venivano bruciati davanti ai suoi occhi;  veniva infine decapitato; squartato: il suo corpo veniva diviso in quattro parti;  i quarti del suo corpo venivano appesi in diversi angoli della città; la testa veniva conservata nella Torre di Londra.

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L'Imbuto

Consiste nel riempire di acqua con un imbuto il ventre della vittima reticente, fino quasi a farla scoppiare. Quando l'interrogato e gonfio, l'aguzzino lo percuote sulla pancia o, peggio, vi salta sopra facendo schizzare fuori tutta l’acqua. Apparentemente innocua, in realtà questa tortura produce dolorose pressioni sul diaframma e sul cuore, con sofferenze inimmaginabili. È largamente usata anche oggi.

Vergine di Norimberga
La tortura consisteva nel costringere il condannato ad entrare in un armadio dalle sembianze umane sulle cui ante erano inserite delle lame affilate: quando l’armadio veniva chiuso le lame trapassavano da parte a parte il corpo del presunto colpevole che era costretto ad una lunga agonia prima di morire dissanguato.

La Gogna

Anche il sistema della gogna può trovare applicazione per mezzo di un palo come descritto dallo storico Duride di Samo, ripreso da Plutarco, Pericle, XXVIII, anche in questo caso in riferimento a scene di guerra: in occasione della guerra tra Atene e Samo e dopo la sconfitta di questa nel 439 Pericle "fece portare nella piazza di Mileto i trierarchi e i marinai di Samo, li fece legare a dei pali per dieci giorni e, quando erano ormai in condizioni miserevoli, diede ordine di ammazzarli a bastonate in testa". La gogna può anche essere applicata su una tavola e in questo caso presenta cinque ceppi, uno per il collo e quattro per braccia e gambe. In questa posizione è costretto Parente, catturato dalle donne, nelle Tesmoforiazuse di Aristofane. La tortura della gogna, sia applicata al palo che su una tavola, consente l'applicazione di supplizi aggiuntivi quali bastonate, frustate, scorticamenti, fare solletico e altri sistemi di sofferenza che Aristofane elenca ironicamente ne Le rane : "Crocifiggilo, appendilo, frustalo, scuoialo, torturalo, mettigli l'aceto nel naso, porta i mattoni ...".A questi due sistemi le fonti ne accostano un altro, l'apotympanismos, ma si è incerti se sia una forma diversa di tortura, o un altro modo per definire le pratiche già viste: nel discorso giudiziario di accusa Contro Agorato, scritto da Lisia (XIII, 56), si parla di un certo Menestrato che, giudicato colpevole, venne affidato al boia , che molti interpretano come "venne bastonato a morte", sulla base del lessico di Fozio in cui apotympanismos è appunto spiegato come bastonatura. In questo caso si avrebbe una terza forma di tortura, distinta dall'inchiodamento e dalla gogna, e applicata in maniera indipendente da queste. Altri, più debolmente, ritengono che il termine sia da riferirsi alla pratica della gogna su tavola.Con le mani e i piedi bloccati dai pesanti ceppi di legno chiusi da lucchetti o catene, donne e uomini vengono esposti alle intemperie e al ludibrio dei passanti, spesso condannati a morire di fame e freddo. Questa pena, che se temporanea era di per sé una sorta di tortura, veniva inflitta a prostitute, adultere, eretici, ladri ecc: e poteva essere accompagnata da interrogatori e: tormenti d'ogni tipo (per esempio, marchiatura a fuoco o bruciatura dei piedi).

IL COLLARE
Pesante collare in ferro munito da ogni lato di numerosi pungenti aculei. Chiuso attorno al collo produce con il suo stesso pero ferite e infezioni gravi, spesso con erosione fino alle ossa. Abbandonati nelle segrete, tra ratti famelici, feci proprie ed altrui, privati di cibo e spesso anche d'acqua, i torturati con il collare finiscono per confessare o muoiono nelle più abiette condizioni. É usato ancora oggi.

LO SQUARTAMENTO
Un supplizio molto in uso nel Cinquecento e nel Seicento, perché allo stesso tempo altamente teatrale ed efficacemente deterrente. Appoggiato ad una pedana o adagiato in terra, il corpo nudo del condannato viene legato per i piedi e per le mani a quattro cavalli. Mentre gli aguzzini lo torturano con tenaglie roventi e picche, quattro uomini frustano a sangue i cavalli per spingerti a tirare al massimo gli arti dell'uomo; fino allo smembramento completo.

LE TENAGLIE E LE PINZE ROVENTI
Sempre presenti nel tradizionale armamentario di inquisitori e carnefici, pinze, tenaglie e cesoie, sia usate a freddo che arroventate, servono a martoriare e mutilare ogni parte del corpo con l'asportazione dì brani di carne o di interi arti, oppure a bruciare e carbonizzare. In particolare, le tenaglie - più lunghe, per permetterne l’ arroventamento sul fuoco, di quelle normali degli artigiani, si usano per asportare naso, dita di mani e piedi, capezzoli. Le pinze, spesso di elegante fattura artistica, (p. esempio , con la testa in forma di fauci di coccodrillo), si usano soprattutto per bruciare e carbonizzare il pene. La castrazione totale e parziale (solo pene o anche testicoli) era una pena o una tortura rara anche nell'antichità, e non era inflitta - come noi oggi potremmo immaginare - per reati di stupro contro le donne, ma per lo più per violenza o attentati contro principi e regnanti.

LA SEGA
Una grossa sega da legnaiolo a quattro mani e a grossa dentatura era utilizzata per segare e tagliare a metà nel senso della lunghezza, partendo dall'ano, il corpo del condannato sospeso a testa in giù e legato a due pali. Il supplizio era comminato soprattutto agli omosessuali: , (uomini e donne) e alle streghe "incinte di Satana".

LA CINTURA Di CASTITÀ
Rivelatasi infondata l'attuale credenza popolare che assicurava la fedeltà delle mogli durante l'assenza dei mariti, pare che fosse in realtà uno strumento: temporaneo di  difesa anti-stupro richiesto e utilizzato dalle stesse donne in circostanze: particolari (viaggi, invasione di truppe nemiche, pernottamenti in locande ecc.). Questo è il parere di R. Held,; suffragato a suo dire ,anche dalle testimonianze di anziane donne siciliane e spagnole viventi. Ciò non toglie, tuttavia, che la cintura :di: castità fosse per la donna una fonte di tormenti non indifferenti, molto più che un semplice fastidio. Lo stesso Held riporta una illustrazione del 1540 in cui una donna indossa un comodo «slip" di foggia moderna, ma intessuto ih maglia di ferro con tanto di serratura e chiave Una tortura certa sarebbe stato per l'uomo ogni tentativo di penetrazione sessuale: in molti modelli di cinture la vulva ed anche l'ano sono protetti da esigue aperture dotate tutto intorno di numerosi e appuntitissimi aculei di ferro.

LO SCHIACCIADITA
Piccola pressa di ferro a due o tre barre munite all’interno di spunzoni , regolabile e restringibile a piacere per mezzo di viti o chiavi . Tipico strumento di tortura per chi si rifiutava confessare o di fare nomi, era molto doloroso . Ne sono stati ritrovati due esemplari, uno italiano (XVII sec) e!'altro austriaco (XVII sec.).

LA PERA VAGINALE
Una “pera”di bronzo è costituita da tre segmenti apribili che si allargano : rapidamente girando una chiave che governa una vite. Introdotta nella vagina della donna accusata di rapporti sessuali con Satana (un tempo) o di qualsiasi reato oggi, la pera di bronzo si allarga al massimo dilaniando in modo devastante la vagina e la cervice dell'utero.  Gli effetti sono aggravati dalle punte acuminate con cui terminano le tre ante. Il dolore deve essere atroce. Mentre la pera vaginale è di più grande formato, la pera rettale è di dimensioni minori visto che deve adattarsi all'apertura anale. Era ed e usata soprattutto contro: gli omosessuali passivi. La pera orale era spesso commitata ,ai predicatori eretici e ai laici che avevano aizzato le plebi alla rivolta o contro le autorità.

IL BANCO DI STIRAMENTO
Lo stiramento o allungamento delle membra del torturato avveniva e avvienene su un bancone di legno ' (solo di rado è dotato di  abtato di rulli ti acuminati) per mezzo di funi comandate da un argano. Se non interveniva una pronta confessione o l’aguzzino esagerava, il corpo della vittima poteva smembrarsi. Lo stiramento poteva essere anche praticato senza banco o ricorrendo solo a corde  argano e maniglie di cuoio. In questo caso il corpo veniva a trovarsi sospeso in ara: Una variante particolarmente complicata era la scala di stiramento, una robusta scala di legno incliinata a 45° in cui il torturato poteva essere sistemato anche a testa in giù. Una variante più crudele erano le ustioni alle ascelle ed al costato con fiaccole e ceri,fino a mettere a nudo le costole, che andava ad aggiungersi alle slogature delle spalle procurate dalla trazione.

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La Tortura nel corso dei secoli

Già ampiamente presente sin dall'antichità e presso tutte le culture, ebbe diffusione anche in Europa dal Medioevo all'età moderna. Nel corso dei secoli furono inventati nuovi metodi di tortura, nel tentativo di rendere quest'ultima sempre più efficace. In tempi moderni, ad esempio, si fa anche ampio ricorso all'elettricità, sia con apparecchiature complesse sia con strumenti più "semplici" come la picana. "Unicum" nella storia del diritto antico e medievale contro l'uso della tortura fu, nel 1311, la sentenza contro i Templari dell'Italia settentrionale emessa da Rinaldo da Concorezzo, vescovo di Ravenna che, assolvendo gli imputati, condannò la tortura come pratica d'indagine ed escluse l'utilizzabilità delle confessioni estorte con tali mezzi. Tuttavia questo episodio rimase un'eccezione, e si dovette aspettare il secolo dei lumi. Il primo a vietare l'uso della tortura fu infatti Federico II di Prussia nel 1740; in seguito furono molti i pensatori e gli scrittori che cominciarono a denunciarne l'uso come pratica barbara e sanguinosa (per l'Italia ricordiamo Cesare Beccaria e il suo scritto Dei delitti e delle pene del 1764). Nei primi anni dell'Ottocento quasi tutta l'Europa aveva abolito l'utilizzo di questa pratica.